Si parla di

tempo (45) potere (38) soldi (20) parole (19) scritture (16) verità (15) giornalismo (14) comix (9) libertà (9) valori (9) numeri (8) relativismo (8) acqua (7) emozioni (6) evoluzione (6) decrescita (5) errori (5) fisica (5) morte (5) dolore (4) lavoro (4) diritto (3) sogni (2)

martedì 22 dicembre 2009

Auguri



Vorrei una notte stellata,
col cielo color cioccolata.
Vorrei coltivar l'insalata,
da coglier già bell'e lavata.
Avere la pace nel mondo...

...ma sento già qualche risata

m'han detto: “la festa è passata”

peccato

Va beh, ma si sa dov'è andata ?

lunedì 14 dicembre 2009

Paperissima

Quanta gente che ride, con la mano davanti alla bocca, per quello che ti è successo...


Mia sorella, quand'era piccina, saliva sempre su uno sgabellino; la mamma diceva "Vieni giù, che ti farai male !".
Ma i piccini spesso non ascoltano i consigli: devono ancora farsela l'esperienza...
Per essere più convincente, mamma diceva "Guarda che un giorno Gesù Bambino ti farà cadere !"
Strana tecnica educativa... ma all'epoca abbastanza usuale.
Fatto sta che un bel giorno (nelle storie si dice così, a prescindere da fatti successivi), mia sorella si è sbilanciata un po' troppo, ed è piombata -secondo i racconti dei presenti- a gambe all'aria.
Nulla che meritasse di essere tramandato, salvo il commento che fece fregandosi le botte, non appena in piedi: “Questo Gesù Bambino, me ne combina sempre una!”.

Ovviamente non c'è nulla da ridere, della bambina a gambe all'aria, o del gesto di uno sconsiderato (io lo chiamo così, anche se non so nulla dell'uomo che ha aggredito Berlusconi), ma il senso dell'umorismo, si sa, è un po' crudele.

Mi viene in mente un episodio: eravamo bambini, e nella nostra città non c'erano supermercati. Ogni tanto -ed era un momento importante- si faceva una decina di chilomentri, e si andava alla “Standa”. Girare tra gli scaffali stancava, e prima di rimettersi in macchina, si faceva tappa in un baretto, proprio in parte all'uscita. Sulle poltroncine in tubo di ferro, col sedile fatto tendendo tubicini di plastica colorati, ci si godeva un conetto gelato: festa totale.

Bene; una volta vedemmo uscire dal supermercato un signore con due grandi sacchi di carta (non c'erano gli shopper) pieni di spesa. Il carico gli impediva la visuale, e non vide uno di quegli oggetti ormai in disuso, che servono per parcheggiare le biciclette. Il capitombolo fu inevitabile, e spettacolare fu l'improvvisa fuoriuscita di liquido, dalle bottiglie frantumate (non c'era neanche il PET).
Il poveraccio -subito rialzatosi- osservava l'estendersi di quel lago frizzante, incerto sull'esclamazione.

Una scena da Paperissima.

Qualcuno forse rise. Io quella sera ho fatto fatica a dormire.

Che dire: Silvio, per la botta che hai preso, io non rido, ed hai tutta la mia empatia.
Però ... moderati un pochino anche tu; magari comincia smettendo di mandare in onda -sulle tue TV- quel programma crudele.

mercoledì 11 novembre 2009

Birilli

Avete presente la sentenza che ha scatenato la “questione crocifissi” ? Il giorno prima, salendo in macchina, in un parcheggio, ho notato per terra un piccolo crocefisso di plastica.

Forse non ci crederete, ma è successo veramente: le coincidenze capitano più spesso di quanto non sembri.

Adesso è nel portaoggetti in macchina, assieme alla lettera “A” d'ottone, raccolta da mia figlia piccola, Paola, durante una passeggiata; credo saltata via da un cippo “Proprietà privata”, che evidentemente ora fa: “Proprietà privat”, coerentemente privata di una lettera inessenziale.

Alfa e omega.

Sì, il crocifisso l'ho raccolto d'istinto: non si può lasciar calpestare un'immagine sacra.

Quando eravamo piccoli, l'olivo benedetto dell'anno prima, pieno di “scarpie” (ragnatele), non poteva essere gettato nella spazzatura, ed era l'occasione di un allegro fuocherello, in un vaso da fiori vuoto.
Neanche l'acqua benedetta, che nostra madre si faceva procurare da amici che andavano a Lourdes, poteva essere gettata.

Piccoli tabù, che mi sembravano ovvi ed importanti; tanto da agire anche oggi, e farmi raccogliere da terra quel piccolo crocefisso.

Chissà, forse l'avreste fatto anche voi...me lo dite ?

Quanti ricordi mi sono affiorati.

A scuola, il crocifisso era oggetto di innumerevoli giochi. Veniva nascosto, e sostituito con la scritta “Torno subito”, o fatto bersaglio del lancio della pallottola di carta. Una volta, in questi trattamenti, gli si ruppe un braccio, che però restava penzolante, attaccato al chiodo: qualcuno ci legò un sottile filo da pesca, e da distante, mentre il professore spiegava, faceva muovere il braccino, e tutti giù a ridere.

Blasfemi, un po', è vero, ma mica criminali.

Cosa rappresentava per noi, quel crocefisso ?
L'origine della nostra civiltà ?

Ma neanche lontanamente, davvero.
Era casomai emblema di sofferenza, che avremmo dovuto imitare.
Non era civiltà, ma medioevo. “Ricordati che devi morire”, castigo, punizione.

Era un oggetto, messo lì dal potere, a dirci di stare sottomessi: questo era per noi, e per questo lo sbeffeggiavamo (tutti, anche se a qualcono di noi, come a me, si torcevano un po' le budelle).

Non era amore.
Ma chi di noi aveva sperimentato, chi poteva dire di conoscerlo, l'amore ?
L'amore che conoscevamo, era solo quello dei nostri genitori, e proprio da quello cercavamo di divincolarci...

Sarebbe stato necessario uno sforzo di astrazione, di cui non eravamo capaci, per immaginare la croce come un atto d'amore.

Sinceramente, faccio fatica ancora adesso...

Accettare una condanna ingiusta...
Una condanna capitale, un tormento, un supplizio...
Non so chi di voi può condividere un sentimento di accettazione.

Mettere questo simbolo in un'aula frequentata da ragazzi, è come scrivere E=mc2 nella sala d'aspetto del dentista: giusto, ma totalmente incomprensibile e fuori luogo.

Ma perchè tanto accanimento, per quella sentenza ?
Era solo per dire “non avete il diritto di obbligare”
Che c'era di male in quella sentenza ?
Non condannava l'esibizione del crocefisso, ma l'obbligo di esibirlo...
Perché le gerarchie l'hanno vissuto come una minaccia ?

Confesso che non l'ho capito

Ma mi pare che questo sia sintomo di debolezza.
Se si attaccano a queste cose, vuol dire che non hanno nulla di valido...

Proviamo a soffiare
tutti assieme
mi sa che cadono come birilli

martedì 3 novembre 2009

Dolore

Avete presente quelle scene, alla fine del film: lui e lei che si incontrano dopo mille peripezie, felici, si strofinano per bene, e lei piange.

Magari è un problema solo mio, ditemelo, o magari ho scoperto l'acqua calda, ma l'amore provoca sofferenza.
Parlo nel complesso: ci sono momemti di esaltazione, di gioia, ma non manca mai la commozione, che in fondo è sofferenza. Per non parlare di quando l'esaltazione finisce, e restano il distacco, la nostalgia, il rincrescimento, la solitudine.

A me sembra paradossale, e mi sono chiesto come mai, questa strana cosa: il massimo del bene e del buono, l'amore, causa della massima cattiveria, il dolore.
Amore – dolore: un gioco di parole ? ...uno scherzo (si direbbe: “da preti”) della natura, o due faccie della stessa medaglia ?

Mi vien da dire che stavolta i preti non c'entrano, perchè è uno scherzo del tempo...

Provo a spiegarmi

Pensate cosa sarebbe l'amore.. senza il tempo. Quello che si promettono gli innamorati. Amore eterno... Ma non eterno perchè dura sempre, eterno perche fuori della dimensione temporale.
Sarebbe una fiamma senza combustione, uno “stato” invece di una transizione.

Bello è ?

Ed allora eccolo lì, è lui la causa del dolore: il tempo. Il distacco c'è perché c'è l'evoluzione; la nostalgia c'è perchè il tempo ci ha portati altrove, il rincrescimento c'è perché il tasto rewind non funziona (e nessuno che lo ripari...).

L'abbandono c'è perché gettiamo via il nostro tempo.
Tempo tiranno, si dice, ed anche un po' bastardo, aggiungo io, perchè non tollera di essere trascurato.

venerdì 30 ottobre 2009

Prezzi

Metti che sei al mercato della frutta, a comprare - che so - delle mele, e vedi che ad una vecchietta le fanno pagare di più che a te.
Metti che il mercante ti strizza l'occhio, e ti dice: “lei è stato furbo: ha attivato la summer card ! Per questo le mele le paga meno”.

Cosa provate ?
Come minimo disappunto ...

Beh, con la telefonia è proprio così: chi si informa, confronta, aderisce alle iniziative, ottiene mediamente prezzi più bassi: gli altri, come la nostra vecchina, peggio per loro.

Ma, poveretta, come avrebbe potuto ?

Vien da dire: “non è giusto”
Ma -chiediamoci- esiste un prezzo giusto ?

A me sembra che ci sia sempre meno un legame tra il prezzo che si paga, ed il valore della merce che si compera. Il petrolio lo puoi pagare -nel giro di pochi mesi- la metà, come il doppio. Ma non costa sempre lo stesso, tirarlo fuori da sottoterra ?

Legge di mercato...

Quando si parla di mercato, a me viene in mente quel tale che si infilava in testa un paio di mutande da donna, per ripararsi dal sole, ed attirare le signore alla sua bancarella.

Io ero ragazzetto, ed al mercato si gironzolava per vedere dove c'era la merce migliore, ed il prezzo più basso, e poi si comperava: concorrenza !
Nel mercato libero, se ci sono due fornitori della stessa merce, posso scegliere di comperarla da quello che me la fa pagare di meno.

Sembra ineccepibile.

Ma come fa quel fornitore a fare un prezzo più basso ?
Secondo voi, è perché si accontenta di un margine più basso ?

Acqua, acqua

Con buona probabilità, paga meno le sue risorse.
E' questo, quello che vogliamo quando scegliamo il fornitore con il prezzo più basso ? Che -a sua volta- paghi poco i suoi fornitori e dipendenti ?
Voi direte: “Magari fa un prezzo basso perché ha un processo produttivo diverso, più efficiente”

vero

Però vorrei capire cosa vuol dire diverso.... perché magari è un processo che inquina di più, oppure che è pericoloso per chi lavora. Io ci sto a premiare l'imprenditore più capace, ma come faccio a distinguere l'imprenditore più farabutto ?

Libero mercato, o acquisto alla cieca ?

C'era una scenetta, forse la ricorderete, di una candid camera, in cui si metteva un grosso pulsante in un luogo di passaggio, con la scritta “Non premere”. Il malcapitato che cedeva alla tentazione di premere il pulsante, vedeva esplodere e crollare un edificio poco distante, già minato, e destinato all'abbattimento.

Difficilmente siamo consapevoli delle conseguenze delle nostre scelte, e quelle che ci sembrano più innoque possono nascondere dei micidiali imbrogli.
Come votare.

giovedì 15 ottobre 2009

Diritti

Dicono che su questa terra siamo in troppi.
Se lo dicessero a te, che sei di troppo ?
Non sarebbe per nulla carino...no ?

Non credo ci sia altro da dire.

Ma qualcuno può obiettare: “si tratta di prevenire, cioè evitare di invitare alla festa più gente di quella che può starci nella sala”.
Ok, ma perché chi arriva prima, dovrebbe avere più diritti degli altri ?
Quelli che vogliono entrare, e non ci stanno, potrebbero dire: “fatevi in parte voi, piuttosto, e fate un po' di spazio, così possiamo entrare anche noi un pochetto”.

La verità è che abbiamo paura che prima o poi, si prendano qualcosa che consideriamo nostro.

Diritti acquisiti, guai toccarli.

A pensarci, buona parte della nostra concezione di giustizia si basa sulla conservazione dello status quo. Primo tra tutti, il concetto di proprietà. Perché mai qualcuno dovrebbe mantenere il diritto su qualcosa che non usa ? Che senso ha ? Perché mai qualcuno dovrebbe poter possedere molto di più di quello che nella sua vita potrà mai utilizzare ? Perché mai i suoi parenti dovrebbero acquisire diritti sulle sue cose, dopo morto ?

In natura, il possesso è regolato in modo dinamico: il territorio va continuamente controllato; il maschio si trova a duellare ogni stagione, e prima o poi troverà un avversario più forte di lui, e allora si tirerà in disparte.

Le regole di convivenza che abbiamo adesso, sono il risultato della storia dell'uomo attuale. Regole diverse hanno provato ad imporsi, e si sono estinte. Quindi sono le regole del più forte.
Mica del più debole

Ne avevamo qualche dubbio ?

mercoledì 7 ottobre 2009

Barcode






Oggi è l'anniversario dell'invenzione dei codici a barre, e Google lo festeggia dedicandogli l'immagine di presentazione del più famoso www del momento.
Barre bianche e nere affiancate, che nel loro specifico disordine nascondono informazioni inequivocabili.
Tanti modi di vederli; ad esempio, mi piace vederlo come un esempio di felice convivenza tra bianchi e neri.

Qualche giorno fa, rovistando tra i libri di quando eravamo ragazzi, è saltato fuori “La forza di amare”, di Martin Luter King.
Lo scriveva negli anni '60, quando la discriminazione dei negri era legge dello stato.
Fu lui che organizzò la rivolta.
In milioni lo seguivano.
Gli diedero il premio Nobel per la pace.
Fu ucciso per questo.

Silvio, veramente ti senti di sederti al suo fianco ?

lunedì 28 settembre 2009

Riposo

Stanotte ho fatto un bel sonno, e mi sono alzato riposato.

Ho detto: “Riposato” … ma qual'è l'azione ?

Se mi rado, alla fine sono rasato: rasarsi è l'azione, ed il risultato è che sono rasato.
Se pulisco la casa, alla fine è pulito: pulire è l'azione, ed il risultato è il pulito.

Ma riposare è un'azione ? Quando dormo non faccio niente... perché, dopo, dovrei essere “riposato” ?

In effetti non facciamo nulla di consapevole, ma qualcosa lavora per noi, e ripristina, ricostruisce, prepara, assimila, metabolizza, senza che facciamo nulla; in alcuni casi, proprio perché non facciamo nulla, purché non facciamo nulla !

Quando siete malati, cosa ci dice il medico ? “Mi raccomando, riposo”, già, perché il riposo è la prima medicina. Capite ? Vi dice: “Non fare nulla, che è meglio !”

A Paola, un mese fa, abbiamo comprato una coniglietta nana. E' stata presa da un mucchietto di animaletti simili, e ce l'anno messa in una scatola per portarla a casa.
A casa ci siamo accorti che aveva una zampetta rotta: le penzolava inanimata. Che fare ?
Abbiamo pensato “amen, mica si può ingessare una zampa di quelle dimensioni”
Fatto sta che lei se la leccava, la stiracchiava... dopo un po' riusciva ad alzarla, e dopo un altro po' funzionavano le unghiette... ed ora è quasi normale.
Riparata da sola, con riposo e alimentazione ...

Credo nessun chirurgo sarebbe stato in grado di fare altrettanto: senza la capacità dell'organismo di fare da solo, nessuna terapia medica funzionerebbe.
Chi riuscirebbe a trasformare le schifezze che le abbiamo dato da mangiare, in quel miracolo di tecnologia microscopica che è una zampetta di coniglio funzionante ?
Beh, il riposo ci riesce...

Ma torniamo al riposo.

Da piccoli giocavamo ai soldati: uno faceva il comandante “Attenti !” gridava, e noi ci si irrigidiva come un bastone, poi diceva “Riposo !” e noi ci si rilassava, ciondolando vistosamente le braccia.
Che gusto ci fosse, non lo ricordo, ma l' “Attenti” aveva senso solo perché seguito dal “Riposo!”, ed era quello che ci faceva ridere.
Riposo è la sospensione dell'attenzione, allentare le difese, disattendere il comando... essere sé stessi...liberati

direi: fiducia.

Ma il riposo mi ricorda anche quella preghiera, che -ahimè- mi è capitato di recitare recentemente: “L'eterno riposo dona loro o Signore”.

Il riposo eterno come dono, equivale alla vita come condanna: che brutta cosa...
O forse un'ipocrita consolazione rivolta a chi soffre un lutto ?
E poi, riferirsi ai morti con: “Loro” ... che brutto distacco...!

Una preghiera, per me, difficile da digerire...

A voi, cosa fa venire in mente ?
Vi dico cosa viene in mente a me...

Quando finisce il nostro tempo “personale”, stop con le attività reattive e consapevoli.
Prende il sopravvento quell'altra attività, del tutto inconsapevole, come sempre nel riposo.
Noi smettiamo di agire, ma alla natura gliene importa nulla delle nostre attività, casomai la disturbano; così cominciano le attività della natura, come sempre nel riposo.
E magari il suo agire rigenera, come sempre nel riposo.
Poi ci si risveglia, e -com'è normale- non si ricorda più nulla.

Che la rigenerazione passi attraverso la ricostruzione della zampetta del coniglio, o prenda un giro più largo, per un metabolismo che includa i batteri della decomposizione, l'assimilazione vegetale, fino alla nascita di un nuovo organismo, sono dettagli... in entrambe i casi “fa tutto Lei”, mentre noi riposiamo.

Ma ci sono un paio di cose, in quella preghiera, che contraddicono la mia ipotesi.
Il riposo “eterno”, e la luce “perpetua”.
In altre parole, c'è il sottrarsi dal ciclo della rigenerazione, per entrare nel binario senza ritorno (si direbbe “morto”) di una luminosità al di fuori del tempo, dove neppure la Natura può più agire (si direbbe “soprannaturale”).

Qualcosa che mi ricorda l' “illuminazione” ben descritta da altre scuole di pensiero.

Strano, no ?

giovedì 24 settembre 2009

Modestia

Berlusconi si felicita del fatto che l'Italia avrebbe un indice di disoccupazione migliore rispetto ad altre nazioni europee.

Noi con lui.

Nessuno dice di chi è il merito.

Gli ammortizzatori sociali, per caso, li ha introdotti lui ?
I Sindacati dove sono ? È diventata una vergogna ricordare che è stata la contrapposizione tra lavoratori organizzati, e potere economico, tutta giocata in parlamento (un parlamento “proporzionale”), che ha dato origine all'attuale legislazione a protezione dei lavoratori “in organico” ?

Ma poi, l'indice di discoccupazione è calcolato in modo omogeneo in tutte le nazioni ? Un precario che resta a casa, conta o no ? I contratti di lavoro nei diversi stati sono equivalenti ? L'incidenza dei contratti a tempo indeterminato è la stessa in tutti i paesi ?
A scuola, quando facevamo errori di questo tipo, ci dicevano che sommavamo carote con patate.
Lo so anch'io che 7 è minore di 10, ma 7 carote non sono né minori né maggiori di 10 patate.

Possibile che nessun statistico abbia niente da dire ? Una volta si diceva “Ma ti ho fatto studiare per niente ?!”.

Ma supponiamo che i numeri siano confrontabili, e che il nostro candidato a Nobel abbia mantenuto lontana la sfiga dal nostro paese con le sue barzellette (cosa possibilissima dati i tempi, e l'entità di barzellette profuse).

Bene

mi viene da riflettere tra la somiglianza tra parola “modestia” e “molestia”.

La prima, è chiaro, non fa parte del corredo genetico del padrone della Fininvest.
Ma la seconda, che pure egli pratica frequentemente contro la Verità, possibile che non sia perseguibile ?

Ah, già, scusate, dimenticavo: il lodo

venerdì 18 settembre 2009

Mea culpa

Mia figlia Paola ha 5 anni, e sta passando il periodo “frignone”: ogni piccolo inconveniente è un problema enorme, e motivo di pianto.
Ma c'è un caso in cui si dimostra straordinariamente coraggiosa, ed è quando si fa male per colpa sua, magari facendo qualcosa che noi le avevamo proibito.

Non fiata: si frega la botta e cerca di far finta di niente.


Che sia per questo che anche noi si sta tutti buoni e zitti ?

Subiamo una programmazione TV alla Ceausescu (dopo cena, tutti ad ascoltare il Capo che parla);

e noi zitti

trovano la prima di 30 navi cariche di scorie nucleari, e la notizia transita e scompare con la velocità del vento

e noi zitti

vanno avanti con progetti faraonici per il rilancio di un nucleare che sarà come il parmigiano: caro e stravecchio;

e noi zitti

Già: lo abbiamo eletto noi Berlusconi...

giovedì 10 settembre 2009

Riconoscenza

Da piccoli, prima di ogni pasto, si stava in piedi davanti al piatto, papà diceva qualcosa del tipo “Grazie Signore per il cibo che ci hai dato”, ci si faceva il segno della croce, e finalmente si poteva mangiare.

Altri tempi.

A noi bambini non era perfettamente chiaro il motivo di questa riconoscenza: in qualche modo eravamo “più fortunati di altri”, ma questo non ci sembrava una colpa, da scontare con quel piccolo sacrificio.

Ma perché “riconoscere” ci costa sacrificio ?
Come mai la “riconoscenza” è passata di moda ?

Uno ri-conosce qualcosa che sapeva già. Possiamo dire: dimenticato ? Comunque fa tornare quella cosa, tra le cose che sono evidenti.

Dimenticato, o rimosso ?

Se è stato rimosso, evidentemente un po' di fastidio lo dava … Ma cosa può dare fastidio, dell'essere riconoscenti ?

Riconoscenza è dire “Grazie”
Grazie a chi ?
Grazie a te.
Mica grazie a me.
Che sia questo che va rimosso ? Dimenticare che non siamo così potenti come ci piacerebbe credere di essere ?

Insicurezza

Ovvio, no ? Uno insicuro non ama riconoscere i propri limiti. Preferisce credersi Superman, come il nostro povero premier (mica povero lui: poveri noi), uno che non deve chiedere mai.

E difatti la riconoscenza è legata ad un altro atteggiamento, anche questo fuori moda, cioè il chiedere.

Se uno fa qualcosa, di cui tu gli sei riconoscente, probabilmente prima gliela avevi chiesta: mica tutti sono indovini, no ?

Secondo me noi chiediamo poco. Caso mai pretendiamo, cioè chiediamo quello che ci è dovuto. Ma chiedere, per poi riconoscere e ringraziare, non ci è abituale.

Per questo adesso ve lo chiedo: fatemi una replica quando leggete questi post ... mi pare di parlare al vento !

Grazie di cuore

domenica 30 agosto 2009

Coccodè

L'altro giorno ero in un pollaio ed una gallina si è esibita nel classico “Coccodè”: Paola, mia figlia più piccola, è corsa a vedere, e -come si aspettava- la gallina aveva appena fatto l'uovo.

Credo di aver capito allora che i “Coccodè” sono qualcosa di simile ai dolori del parto.

No ? Beh, provate voi ad espellere un oggetto di quelle dimensioni, per quanto ben arrotondato...

Mi sono chiesto come mai non l'avessi capito prima.
Certo, di una gallina non è facile capire i sentimenti, così pensiamo che non ne abbiano.
Ma forse di nessuno è possibile conoscere esattamente i sentimenti.

E' facile ignorare i dolori degli altri...

giovedì 30 luglio 2009

Peggioramento

Dai, facciamo un esperimento.

Guardatevi attorno. Spero ci sia qualcuno poco lontano. Se no, fate l'esperimento un'altra volta, quando attorno a voi c'è tanta gente comune, gente normale.

Adesso provate ad immaginarli quando erano bambini.
Se avete più di 40-50 anni non è un esperimento difficile: di bambini che sono diventati grandi ne avete visti tanti, e tra prima e dopo ci sono un sacco di analogie, facili da riconoscere.

Quel tale da piccolo di sicuro aveva già quella postura, quell'atteggiamento mentre mette in bocca la forchetta, aveva già quello sguardo.
Non proprio uguale, ovviamente, era qualcosa di solamente accennato.

Fate il confronto: meglio da piccolo o da grande ?

Meglio da piccolo, vero ?
Ovvio: i cuccioletti sono sempre adorabili: "Varda che bel puteo" "El se da magnar": osservazioni normali dalle mie parti. Difficile che venga detto così di un vecchio.

I piccoli sono più belli degli adulti.

Certo, con qualche eccezione, come quella splendida ragazza laggiù, ma per il resto...

Fatelo sul serio questo esperimento, e provate ad acchiappare il primo pensiero.

Fatto ?

A me il primo pensiero è stato: "Che delusione la vita"

Cioè: sembra promettere quello che poi non mantiene, alla Leopardi.
Difficile dire diversamente, almeno dal punto di vista statistico, delle probabilità...

Ma provate un attimo ad immaginare il mondo in cui il confronto desse il risultato opposto.
Intendo dire: immaginate che vedendo un bambinello venga da dire: "Poveretto, che mal ciapà", e di un vecchio: "Che splendida figura ! Che bell'uomo"
Immaginato ?
Adesso ditemi: la gente farebbe ancora dei figli ?

Ecco, forse con Darvin possiamo dire che se ci sono state delle popolazioni che la pensavano così, di sicuro si sono estinte.

Insomma, il degrado, il peggioramento, tutto sommato è necessario a mantenere la pulsione al rinnovo della popolazione.

Forse è tutto qui

E pensare che talvolta ne facciamo motivo di pessimismo cosmico.

mercoledì 29 luglio 2009

Cavalli di razza

Oggi la notizia era l'esame di dialetto ai professori.

Paradossale, quasi la legge del contrappasso

Ci avevano sempre segnato con la matita rossa se usavamo il gergo dialettale, ed adesso la matita rossa è ritorta contro di loro, se non lo usano.
Di questo passo, e tra un po' metteremo la multa di divieto di sosta alle auto della polstrada regolarmente parcheggiate...

Ma qual'è il senso ?
Di certo non quello di far approvare una simile norma... anche Maroni sa che non è possibile approvarla...

E allora ? Qual'è il senso ?

Far breccia nel pensiero comune
Se hai una mandria con cavalli facili da cavalcare, ed altri un po' più ostici, dei secondi cerchi di fare bistecche.
Ci sono delle idee che possono essere cavalcate meglio di altre: è necessario riprodurle.
L'idea che dovremmo parlare un'unica lingua, e superare le barriere che ci dividono, è un'idea da ... idealisti. E' più facile cavalcare l'idea individualista.
L'idea che siamo tutti uguali... mamma mia ! ... noi siamo noi e loro stiano a casa loro !
L'idea che gli insegnati insegnano... che scocciatura... è più bello se anche loro devono imparare...


Facile da cavalcare, no ?
Peccato che si faccia bistecche di cavalli di razza...

sabato 20 giugno 2009

Terra cotta

Mi vedo il Creatore che prende l'argilla, la modella ... forse ci mette un po': non dev'essere una cosa che fa tutti i giorni; alla fine, voilà: "E l'uomo é fatto !".

Non cucina l'argilla nel forno: non occorre che l'uomo duri a lungo.
Con l'acqua è stato impastato, che l'acqua possa dissolverlo di nuovo.


La terra cotta sarebbe stata più resistente alle intemperie, ma più fragile: un urto un po' più forte del solito, e va in cocci, inutilizzabili.
L'uomo è rimasto plastico, si adatta. Fai forza e cede.


Alle scuole medie, avevamo un'insegnante di educazione artistica, che ci faceva lavorare con la creta, che prendevamo in una fossa fuori città, perché la mia città poggia, ad una certa profondità, su un letto di argilla. Ci faceva lavorare anche su opere grandi, dove bisognava lavorare in gruppo, e ognuno faceva qualcosa, e poi si metteva tutto assieme. Bastava premere, e due pezzi diventavano una cosa sola. Anche se poi, seccandosi, qualche volta si staccavano di nuovo...


Anche questo, forse, siamo noi: non è difficile fondersi, non è tanto facile restare attaccati.


Ma tornando alla terra, mi ha fatto venire in mente quando volevano lapidare l'adultera, ed i farisei andarono da Gesù per metterlo alla prova. E lui guardava per terra, e scriveva col dito nella polvere.

“Ho scritto t'amo sulla sabbia” diceva una vecchia canzone. Come dire: "tra un'ora forse sarà solo un ricordo".


Non c'è modo di sapere cosa stesse scrivendo Gesù, ma mi viene da confrontarlo con Mosè, che i dieci comandamenti li aveva scolpiti sulla pietra. C'era, in Mosè, l'illusione del “per sempre” che non sembra essere nei comportamenti di Gesù, né di suo Padre.

lunedì 18 maggio 2009

Violenza gratuita




Nel dare la notizia, di quel bambino che aveva torturato il cane, alla radio, hanno riferito il capo d'imputazione “violenza gratuita”.

Quante cose mi sono venute in mente... ve ne racconto qualcuna.

Quand'ero adolescente, diciamo: prima media, c'era uno scherzo che i bambini più grandi facevano a quelli piccoli. Inseguivano il malcapitato, finché non lo acchiappavano, e atterrato, giù una botta, proprio lì, dove ai ragazzi fa più male. Ricordo che lo scherzo era fatto anche all'insaputa, con l'ombrello, da dietro, infilando il manico tra le gambe dello sventurato, e dando un tirone. Lo scherzo era ripetuto finché il tapino non capiva che i propri testicoli andavano difesi a tutti i costi, e allora era diventato grande.

Violenza.... gratuita ?

Cosa intendeva dire il legislatore ? E' il fatto di essere senza tornaconto, che rende illecita la violenza ?

E mi vengono in mente i camion stipati di animali da macello, che sorpassavo sempre sulla tangenziale di Mestre (loro fermi in coda, sotto il sole, noi a sfrecciare con l'aria condizionata).
Chi di noi avrebbe il coraggio di macellare uno solo di quegli animali ?

Già, ma quella non è gratuita, di violenza, è un mestiere.

L'ipocrisia, sul tema della violenza, si spreca: sono il primo a magnificare un buon insaccato.

Ma tornando alla violenza gratuita, mi è venuto in mente che anch'io, che pure mi considero un mite, da piccolo ho carbonizzato formiche, concentrando con una lente la luce del sole, ed ho staccato la testa a mosche, per vedere l'orrendo spettacolo che continuano a volare, anche senza testa.


Cosa passava per la mia testa di adolescente ?

Certo, non mi immedesimavo in quegli animaletti (non è comunque un esercizio tanto facile neppure adesso). Direi che non partecipavo ad una loro possibile sofferenza. E questo credo che sia una cosa comune alla maggior parte di coloro che fanno soffrire altri individui, o di chi spiaccica la zanzara che si vorrebbe cibare del suo sangue.

Non credo provi empatia chi usa ordigni al fosforo.
Neanche chi arma il veivolo.
Neanche chi fabbrica il materiale esplosivo.
Neanche chi fa il revisore dei conti dell'azienda produttrice.

L'orrore della violenza, che credevamo di aver soffocato, emerge in momenti inaspettati, quando arriva la notizia del bambino che impicca il cagnetto, o negli incubi notturni.

E ogni volta, mi fa emergere dubbi di complicità.

domenica 17 maggio 2009

Scuole di canto

Quando mia figlia è contenta, lo si capisce subito, perché canta. In questo periodo la preferita fa: “C'era un ragasso, che come me, cantava i bitol e i rolli sto”. L'ha sentita qualche settimana fa, da una vecchia musicassetta. Forse la voce della signora Baez, forse quel “ratta tatta ta tara ratta ta”, ma è rimasta come rapita, ed ha voluto sapere tutto delle parole.
Cosa rappresenta una canzone, per una bimba di 4 anni e mezzo, io proprio non lo so.

Per certo a me, ed a tanti, la musica dà veramente tanto.

Quando piace, la musica la senti giusta, come lo sbadiglio quando hai sonno: dopo lo sbadiglio dormi meglio, dopo la musica, vivi meglio.

La musica serve a tutti, ed è per forza di tutti. Avete mai sentito qualcuno, dal palco, dire: “Guai se la cantate anche voi”: casomai il contrario, e se tutti la cantano con lui, è straordinariamente bello.
...altro che diritto d'autore. Io penso che il denaro ci stia trascinando in una perversione sconfinata. Abbiamo a pagamento la musica, l'acqua, tra un po', vedrete, ma davvero, anche l'aria. La perversione, è che ci sembrerà normale, come adesso la musica e l'acqua.

Secondo me (so di essere ingenuo) in qualche modo la Comunità si dovrebbe preoccupare di sostenere chi ha talento musicale, perché se lo coltiva, va bene a tutti, ma non vedo perché ne dovrebbero beneficiare gli eredi: magari sono pure stonati.

Ma vorrei tornare a questo mistero della musica, così futile, così immateriale, e così importante per la nostra vita.

Cosa succede, dentro di noi, che ci fa piacere ?

Chi ha letto altri miei post, sa che sul tema sono un fissato.. ma la mia idea ve la devo proprio dire (ovviamente potete smettere di leggere)...
beh, per me, il piacere della musica è strettamente legato al tempo, ed esattamente alla giustezza del tempo.

Provo a spiegarmi meglio: in un brano musicale, non c'è solo il tempo del ritmo, o quello più lungo delle strofe musicali: i suoni sono vibrazioni che si distinguono per il tempo che caratterizza l'oscillazione.

In una canzone si intersecano tempi scansionati in una moltitudine di regolarità, e tutti vengono riverberati dentro di noi.
Grazie a queste regolarità, che la nostra mente recepisce bene, la musica dà -al tempo che scorre- un senso inspiegabile.

La musica rende tangibile il tempo, ne scova la giustezza, e collega questa giustezza all'esperienza della vita... specie se, con la musica, ci sono parole.
E' come se la musica riuscisse a isolare, nella nostra vita, qualcosa di giusto... a chi, questo, non fa piacere ?

Una canzone stonata, una stecca in un brano, distruggono il senso di giustezza, e risultano sgradite.

Ma cos'è questa giustezza ?
Penso che il senso della giustezza sia come gli aminoacidi delle nostre proteine: siamo fatti così, c'è poco da spiegare: con poche variazioni, il senso della giustezza è uguale per tutti, come le sequenze di aminoacidi.

Ma lasciatemi fare una domanda... secondo voi, tra Giustezza e Giustizia, qual'è la distanza nello spazio dei significati ?

Entrambe, secondo me, non possono essere spiegate.
Entrambe, secondo me, non possono sottostare alle leggi dell'economia. Penso che se ci trovate uno specifico tornaconto, nell'adozione dei Principi etici di Giustizia, io credo sia stato inventato apposta, per farli digerire agli economisti.
Entrambe, secondo me, sono universali: come il senso della giustezza, anche la giustizia, è uguale per tutti, e per questo che anche la Legge dovrebbe esserlo.

Peccato che da noi, in Parlamento, qualcuno si ostini a suonare solo per sé stesso.
Le leggi le chiama “lodo”, così si capisce meno che hanno a che fare con la Giustizia...
La cosa strana, è che nessuno fa più di tanto caso alle stonature: forse perché ci sono altri, nell'orchestra dell'opposizione, che magari suonano anche peggio di lui.

Io sento una gran mancanza di scuole di canto... e voi ?

domenica 3 maggio 2009

Necessario

Ieri osservavo una rana in uno stagno. Teneva fuori dal pelo dell'acqua appena gli occhi e le due narici. Dopo la metamorfosi da girino - mi avevano spiegato a scuola - le rane perdono le branchie, e per respirare devono uscire dall'acqua. La rana che stavo osservando non aveva nessuna intenzione di uscire dall'acqua, ma le era necessario respirare.

Necessario

E' necessario quello che serve . . . e c'è poco da discutere, quando qualcosa è necessario, non puoi fare a meno. Se per vincere è necessario partecipare, non ci sono alternative: se non partecipi non puoi vincere.
Il senso della necessità lo impariamo: un po' l'esperienza, un po' l'istinto, un po' l'educazione.
Se uno ha un senso profondo della necessità, può apparire un eroe, uno che sacrifica sé stesso, invece non aveva alternative... solo che a lui era chiaro che non c'erano alternative, agli altri no. O non in modo così netto.

La necessità ha a che fare con la conoscenza delle regole del gioco. Una rana stupida potrebbe credere che può stare sott'acqua all'infinito, ed è forse un'intelligenza molto molto profonda, che la spinge ad emergere, almeno con le narici.
Io però non credo che la rana conosca le regole della respirazione, così temo che anche per noi il senso di necessità abbia poco a che fare con la consapevolezza.
E forse tante cose che riteniamo necessarie, non lo sono affatto.

domenica 19 aprile 2009

Scelte

Non so se è capitato anche a voi, la mattina, di sbagliare strada. Magari quando avete cambiato lavoro, e distrattamente avete imboccato ancora la direzione che eravate soliti prendere.


Distrazione


Capita quando si cambia un'abitudine, e non si sta attenti... ma a me sembra che il vero problema non sia la mancanza di attenzione, quanto piuttosto il fatto che di norma non é necessario stare attenti.


In effetti, il nostro fare quotidiano è prevalentemente la ripetizione di comportamenti, e davvero poco spesso sono richiesti atti volontari... le “scelte”... per le quali è strettamente necessaria la nostra attenzione.

Un mio amico sosteneva che noi crediamo di essere molto più razionali di quanto non siamo effettivamente. Ad esempio, quando acquistiamo un'automobile, crediamo di aver fatto una scelta razionale, e di aver individuato l'auto migliore, come prezzo e caratteristiche... ma se questo fosse vero, avremmo in circolazione molte meno varianti di automobile...


Così le nostre scelte non sarebbero molto diverse da quella della foglia che “ha voluto cadere”.


Volontaria o meno, consapevole o meno, scegliere apre una biforcazione del tempo: ci sono due possibili universi di sequenze di eventi, e la scelta rende impossibile uno dei due. Un fatalista direbbe che uno dei due universi era già impossibile prima che la scelta fosse fatta, solo che chi fa la scelta non lo sa... ma a me il fatalismo non piace, perché mi fa sentire deficiente.


Poi, apparentemente, abbiamo spesso la possibilità fare delle scelte. Ma quali scelte ?


Quando ero, per lavoro, a Roma, se ordinavo un caffè al bar, mi chiedevano “tazza o vetro ?”; io pensavo “ma il caffè non è lo stesso ?” e davo la prima risposta che mi capitava. Magari un altro, a cui non lo chiedevano, poteva pensare “beh, però poteva almeno chiedermi se lo volevo in vetro”, e restarci male. Così la libertà di scelta non ha lo stesso valore per tutti...


Ma ci sono scelte subdole: “Volete libero Gesù o Barabba ?” io dico: ma che cavolo di domanda è ? ... a me andava bene che fossero liberi entrambi.


Viene proposta una scelta: sembra “libertà di scelta”, invece questa libertà viene barattata con l'accettazione di qualcosa ben più vincolante: uno dei due deve comunque finire in croce. Ce ne sono un sacco di casi così...


Tra un po' voteremo per il referendum. Leggeremo un quesito poco comprensibile, e potremo “scegliere” se accettare o abrogare quella norma. Se non siamo sicuri, però, possiamo non votare, e così anche le scelte fatte da chi si sentiva sicuro della scelta fatta, verranno annullate. A me sembra una regola fatta da qualcuno non vuole assolutamente che noi si faccia delle scelte, perché è una regola che fa decidere gli incerti.


Dice: “Ma questa è democrazia” ... Cosa ? “Governo del popolo”... Di chi ? “Il popolo, io, tu, tutti: è il modo più moderno per governare”.... Ma, chi lo vuole veramente un Popolo che ti comanda ? La folla è sinonimo di ingovernabilità, di efferatezza, tipo: “La folla inferocita voleva linciare il poveretto” …. Diciamocela tutta, la maggior parte delle persone, non vuole affatto governare, ma essere governato bene. Vuole qualcuno che si prende cura dei problemi, ed abbastanza scaltro da sorprenderti con le decisioni che prenderà, decisioni a cui tu non avresti mai pensato, e che ti lasciano ammirato.

Così, come si vede, non sarebbe di democrazia che c'è desiderio, ma di buon governo.


Molti di noi, in cambio di questo, rinuncerebbero volentieri all'onere della scelta, e si accontenterebbero di quella offerta dal telecomando, senza nulla in cambio.

Molti già lo fanno.

giovedì 19 marzo 2009

Antenne

Ce n'è dappertutto: quelle della TV, prossime al pensionamento, svettano ancora sui tetti; quelle dei telefonini ormai mimetizzate; quelle nelle automobili, invisibili, in attesa dei telecomandi. Alcune stanno in ascolto di impercettibili segnali, altre li irradiano.  Stanno su grossi tralicci, come le antenne delle radio, o delle telecom,  o in posti impensabili, come nei satelliti artificiali sopra di noi.

Il segnale che loro raccolgono, noi lo percepiamo decodificato, ripulito, amplificato, convertito in funzioni... come dire:  ci interessa l'essenza... della vinaccia e degli alambicchi non ci curiamo.


Quando facciamo una telefonata al cellulare, nessuno pensa a quanto sia complesso distinguere, tra tutti i segnali che circolano, proprio quello che modula esattamente come la voce del nostro interlocutore, e ci permette di comprendere -a distanza- quello che lui sta dicendo.

Ma all'aumentare delle antenne, aumentano i segnali da separare... e mi chiedo se ci potrà essere un momento in cui la babele di segnali sarà tale, che sarà difficile discriminare i segnali tra di loro... come in quelle riunioni in cui tutti parlano, e non riesci più a seguire il discorso di nessuno.


A quel punto sarà inutile trasmettere, perché sarà impossibile distinguere tra le innumerevoli fonti di segnali simili: ...saturazione... Chissà quanto siamo lontani dal punto di saturazione...

...saturazione...

Quando si raggiunge il punto di saturazione (parlo, ad esempio, del sale da cucina sciolto nell'acqua), succede un fenomeno straordinario, perché va contro il principio che vuole che l'entropia aumenti sempre: la formazione del cristallo. Come dire: quando il casino ha raggiunto punti insopportabili, ecco il miracolo: le particelle si mettono in ordine, da sole... in un ordine perfetto e inatteso.  E quest'ordine sembra essere “contagioso”, e si propaga... ed il cristallo cresce, cresce, secondo direzioni predefinite con una forma strabiliante.

Io dico che le particelle avrebbero saputo mettersi in ordine anche prima, ma c'era troppa libertà, troppo spazio da occupare: come resistere alla tentazione di occuparlo tutto ? Mettetevi nei panni della particella di sodio dell'acqua minerale (di cui non ricordo il nome, dimostrando che -.almeno per me- tutta quella pubblicità è stata assolutamente inutile). Dicevo: mettetevi nei panni di una particella, provate ad avere molto spazio, un sacco di spazio tutto attorno: è chiaro che vi mettereste a gironzolare,  per studiarlo un po'... ma quando la situazione diventasse un po' troppo caotica... la tentazione di fermarsi a guardare cosa succede, verrebbe anche a voi... e di sicuro, qualcun altro seguirebbe il vostro esempio, e vi si siederebbe in parte.

Insomma, la cristallizzazione è assolutamente normale, e questo non era necessario che lo dicessi.

Direi che è anche improvvisa, almeno nel suo esordio, con una crescita successiva molto tranquilla.


Ma, tornando alle nostre antenne, cosa succederà quando avremo saturato lo spazio circostante, con tutte le possibili radiazioni elettromagnetiche ? In cosa consiste la saturazione, e la cristallizzazione che improvvisamente -io suppongo- si svilupperà subito dopo ?


Una cosa che si nota subito, è che nel cristallo non c'è movimento (salvo qualche vibrazione)

Ora, se non c'è movimento, non c'è neanche il tempo, nel senso che non c'è modo di misurarlo.


Il diamante è per sempre”: l'idea di immutabilità è proprio connaturata al cristallo.


La fine del tempo ?


Che sia questa la cristallizzazione cui andiamo incontro ?

Ecco l'ennesima ipotesi apocalittica” direte voi, ma prima di rigettarla d'istinto, provate a seguirmi, ed a studiarla più da vicino.


Questo è lo scenario: i produttori di dispositivi muniti di antenna sfornano i loro prodotti, ma capiterà che sempre più spesso si troveranno ad operare in zone sature e non funzioneranno. I produttori allora miglioreranno le tecnologie usate, ma il beneficio sarà di breve durata, e riguarderà solo quelli che si possono permettere il costo delle tecnologie più moderne. Per la maggior parte delle persone, tante attività normali, si potranno fare con difficoltà, solo in certe ore, o in certi posti. La loro capacità di produrre calerà, e verranno emarginati. Una crisi, non legata a titoli tossici, ma ad una indigestione di radiazioni... costipazione elettromagnetica.

Chiamiamola come vogliamo, comunque una crisi.  Siccome non sarà la prima, molte persone cercheranno una soluzione alla loro esistenza in stato di ristrettezza economica.  Potrebbero esserci ribellione, oppure adattamento.  Forse i primi che individuano una condizione di adattamento ragionevole, potrebbero essere il germe perché altri seguano l'esempio, e ne imitino lo stile di vita.  Essendo sviluppato in condizioni di povertà, dovrebbe essere uno stile poco dissipativo... insomma, ordinato ed efficiente... come dire, cristallino...

Forse disobbedirà alle leggi dell'economia

Il tempo “occidentale”, segnato dalla fretta del fare, lascerebbe il posto a vibrazioni diverse, più lente e interne: non ci sarebbe posto alla frenesia; impensabile spostarsi come oggi....

Fosse vero...ci abitueremmo ? Vivremo come in un secondo paradiso terrestre, o sarà piuttosto il riscaldamento globale a riportarci tutti “in soluzione” (o, meglio, in “dissoluzione” ) ?

domenica 15 marzo 2009

Sottomissione

Ecce ancilla domini. Un atto di sottomissione ? ...Sottomettersi … è come dire: mettersi sotto.. chi guarda non vede te, ma quello che ti sta sopra... è lui che comanda.  Domina, o, più semplicemente, guida ?

Nell'atto di “mettersi sotto”, l'attore è chi sceglie di farsi sottomesso. Perché dovrebbe farlo ?


Capita, in certe gite in montagna, con comitive numerose, che si faccia un po' fatica a prendere le decisioni: “andiamo sul ghiacciaio, o ci fermiamo al rifugio” ?

Se c'è un leader, decide lui. Se è bravo, lascia che sembri che siate voi a decidere.

Se è bravo, ti sta bene che sia lui a decidere.

Se non è bravo, la comitiva si disfa, e la gita non si ripete, finché non si trova un altro più bravo.


Ciao, sembra voglia dire “sciavo vostro”: semrava un saluto, invece è ancora un atto di sottomissione...


Chi si mette al servizio di qualcun altro, in genere si aspetta qualcosa in cambio. Mangiare, essere protetto, nei tempi antichi. Oggi si monetizza tutto, ma in fondo è la la stessa cosa: il denaro, di per sé, non è particolarmente utile, ma viene scambiato facilmente con altre cose.


Essere sottomessi -credo- vada riscoperto, come vada approfondita la dialettica tra chi guida e chi è guidato, e vadano anche ridefinite le regole di avvicendamento di chi sta alla guida, ed i diritti di chi è guidato, ed i doveri di chi guida.


Con una serie di regole ragionevoli, la sottomissione non pesa. A voi pesa essere sottomessi alle leggi della fisica ? Me ne faccio una ragione, e smetto di fare i 150 sul bagnato...


Ma lasciatemi sconfinare su un'altra categoria di leggi naturali, legate alla procreazione, per cui siamo distinti in maschio e femmina.


La festa della donna è passata, così non rischio di fare il guastafeste. Ma mi chiedevo in che misura la parità tra uomo e donna, sia segno di civiltà, o retaggio ideologico.


Parlo di una ideologia “della liberazione dall'oppressione”, ineccepibile e razionale, ma evidentemente fallace (visti i risultati), della quale ancora stento a capire la possibile evoluzione.

Aspettate un attimo a spararmi addosso... voglio dire che si è cercato il rimedio alla disparità, con la parità, ma oggi dovremmo apprezzare il valore della diversità...


Forse si è cercato di risolvere il problema dello sfruttamento, con una soluzione semplice e applicabile universalmente: "siamo tutti uguali"... una specie di principio di conservazione della quantità di moto, ma tutto da dimostrare.


Come dire: “siamo tutti ricchi”, oppure: “siamo tutti belli”


... non è mica così...


E neanche possibile. Magari non sarebbe poi neanche così divertente

Non dico che uno brutto debba essere perseguitato, ma neanche farci più di tanto caso, o pretendere di essere considerato bello...

Ma più che dire qualcosa dei questa diversità, vorrei tornare alla sottomissione, che sento essere un terreno insidiosissimo. Ma solo per chiedermi se questa sia necessariamente un male da debellare, o solo un tabù.

lunedì 9 marzo 2009

Dove sei ?

Tempo fa viveva con noi un cane; quando andavamo a spasso in campagna, o in un bosco, non stava mai in parte a me: un po' mi precedeva, poi perlustrava a destra, a sinistra, anche dietro, senza mai perdermi di vista.
Io ogni tanto la cercavo con lo sguardo, come per dire “dove sei ?”, ed incontravo il suo sguardo, come per dire: “sono qui”.

Nella Genesi si racconta che il Creatore chiese “Dove sei ?” ad Adamo, che si era nascosto. Sapeva che c'era, altrimenti la domanda non avrebbe avuto senso: una domanda ha senso farla, se c'è qualcuno che ti ascolta.

Come dire: “So che ci sei, ma non ti vedo”

Invisibile

Chi chiede: “Dove sei” non vuole che chi lo ascolta resti invisibile. Tu che mi stai leggendo, per esempio, mi sei invisibile.

Dove sei ?

Sembra una domanda riferita alla posizione nello spazio, ma sottointende “ora”.
Mi vien da dire che si riferisce soprattutto al tempo...

Che senso ha dare coordinate spaziali, senza quella temporale ? Alla distanza nello spazio c'è rimedio (basta spostarsi), ma a quella del tempo, no (quando il treno l'hai perso, l'hai perso).
"Dove sei.. adesso... ? Ogni momento è irripetibile, perché resti invisibile ?

Adamo era rimasto invisibile per vergogna. Noi spesso restiamo invisibili, un po' guardoni, e un po' ignorati... non essere visti, per molti, è quasi un'abitudine.

Se uno si fa vedere troppo, lo additiamo, a meno che lo faccia per professione (show men) o per vocazione politica (little show men).

Tutti gli altri, nell'ombra... nell'incognito...

Dove siamo ?

Se non fosse che ci resta questo gran bisogno di incontrarci, potrei dire che va bene così, perchè nessuno se ne lamenta gran che (io per primo).

Ma secondo voi, va bene così ?.....

“Dove sei ?” non lo diciamo, ma ci andiamo in cerca. A tentoni, perché non ci vediamo. Urtandoci, perché ci sentiamo anche poco.

domenica 1 febbraio 2009

Soglia

Alle volte penso a quante cose stiamo usando, che vent'anni fa neppure immaginavamo;  telefoni cellulari, navigatori satellitari... e mi chiedo quante altre cose avremo tra venti anni, che adesso neanche immaginiamo.  Tutte quelle cose, non sono state ancora inventate, ma stanno per esserlo.


E' come se fossimo sulla soglia, e chiunque potrebbe oltrepassarla.


Da piccolo, varcare una soglia era qualcosa di emozionante, perché accompagnata da un po' di incognita su quello che c'era nell'altra stanza.  Se poi era buia, chiedevamo di essere accompagnati.

Capitava anche di sostare sulla soglia (ed i grandi brontolavano, perché eravamo di impiccio) come per essere un poco nella nuova stanza, ma non del tutto, e non perdere la possibilità di ritirarsi.


Ma, come il paracadutista sul portellone ... non si può stare sulla soglia a lungo.


Ogni istante è una soglia che si varca, per entrare nell'istante successivo, e veramente di quell'istante crediamo di sapere quasi tutto ... e veramente spesso c'è qualcosa di inaspettabile, che ci aspetta.


"Uffa" direte "adesso questo ci parla del Destino".  No, no ... questo un'altra volta.

Restiamo in tema "invenzioni":  è come se le cose che verranno scoperte in questi anni, fossero lì già pronte, in attesa di essere scoperte, e che la scoperta viene fatta finalmente solo in quei momenti particolarmente rari e favorevoli, in cui lo scopritore allarga lo sguardo, e finalmente riconosce la cosa nuova, che era lì da un pezzo, ma nessuno la vedeva.

Già: uno può cercare subito di capire cosa c'è di nuovo, o fare finta di non vederlo. Sta a noi. La paura dell'incognita spesso ci tira indietro, la paura di apparire controcorrente, di passar per fesso, uno che perde tempo.

Ma il peggio è, che pensiamo che le invenzioni riguardino solo la scienza, e la tecnologia, mentre ci sarebbe un gran bisogno di inventare nuovi metodi di convivenza, scoprire le regole dell'equilibrio e della reciprocità: "Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te" è un teorema ancora da dimostrare.

domenica 18 gennaio 2009

Adesso

Alle volte -magari capita anche a voi- mi sveglio alle prime luci dell'alba, e mi dico “domani devo fare questa cosa...”.   Poi mi rendo conto che sono già nel nuovo giorno, e mi dico “che stupido, è già domani... e torno a dormire.


L'arbitrarietà nelle demarcazioni del tempo non sembra dare grossi problemi,  ma resta tale.

Come quando si festeggia il capodanno, ed ogni fuso orario lo festeggia in un'ora diversa.  Se il capodanno è un momento, cioè una posizione nel tempo, perché non festeggiarlo simultaneamente ovunque ?


Abbiamo un modo strano di riferirci al tempo, e stentiamo ad adottare dei riferimenti assoluti.

Sembra ridicolo regolare tutti gli orologi rispetto a Greenwich ?  ... beh, un giochino simile lo facciamo due volte l'anno, quando ci fanno impostare l'ora legale.  Non ci sarebbe nulla di straordinario a dire che l'ora resta la stessa, e che si va a lavorare un'ora prima.  Per inciso, debellare l'abitudine dell'andare a lavorare sarebbe di per sé una vittoria epocale.

Eppure certi riferimenti relativi sono proprio ingannevoli, come quel mio amico, ad una cena particolarmente appetitosa, che ci confidava che domani avrebbe cominciato la dieta. 

E' ovvio che domani non sarà mai adesso.


Ancora più ingannevoli sono i riferimenti relativi, come la “contemporaneità”.  La definizione di letteratura contemporanea, che si trova nelle antologie, l'ho sempre trovata buffa, dato che quel libro potrà essere letto tra 100 anni, e quella “contemporaneità”  sarebbe ben difficile da spiegare.

Ma facciamo che state preparando la colazione, e contemporaneamente ascoltate le notizie alla radio.  State facendo due cose nello stesso tempo.  Contemporaneamente, in qualche altra parte del mondo,  magari qualcuno -che so- sta facendo la stessa cosa, oppure sta dormendo, o morendo di fame.

Vi sembrano "contemporanee" allo stesso modo ?

Nel secondo caso l'unica relazione tra le due cose, é che accadono “sotto lo stesso cielo”  (=con le stelle nella stessa posizione),  ma sono due fatti che non conoscete contemporaneamente.  Finch'è non sai che qualcuno,  mentre stai preparando il caffè,  sta morendo di dissenteria,  per malnutrizione e contaminazione dell'acqua,  quel fatto ti è completamente estraneo,  ed è come se non ci fosse, o -siccome prima o poi lo sai- come se avvenisse in un tempo diverso dal tuo.

Ma supponiamo che la notizia che senti per radio, sia proprio relativa allo sterminio per fame.   E che vi dicano "Mentre state facendo colazione per andare a lavorare, c'è un bambino che è agonizzante da giorni, ed ora che stai mescolando lo zucchero è spirato".   Vi lascierebbe ancora indifferenti ?

Non volevo rovinarvi la giornata.  Volevo solo dire che è come se vivessimo in isole del tempo.. non volessimo farci carico dell'adesso del pianeta.  Che aspettassimo che l'adesso diventi storia, per poter dire "è passata".

giovedì 1 gennaio 2009

Esibizionismo

Ho sentito usare questo termine per quelli che frequentano i social network, o per chi si fa un sito personale, o -come me- un blog.

Tu che stai leggendo sei - probabilmente - un navigatore abituale,  e quella definizione ti lascia abbastanza indifferente,  perché sai bene che in rete,  per esserci,  bisogna in qualche modo esporsi.


Vorrei però spiegarti due pensieri che non riesco a tacere.


Esibizionismo sarebbe una specie di infamia che commette chi abbandona il pudore (“Spudorato !”  sarebbe l'insulto).  Il concetto nasce in un contesto “sessuale”, e quindi appare particolarmente disdicevole

Secondo me, che ci sia una componente sessuale in ogni aspetto della nostra vita, non è una gran scoperta.  Come scoprire che c'è acqua in ogni essere vivente... è ovvio: siamo nati lì... Nella nostra breve parabola di nascere e morire, l'atto sessuale è senz'atro essenziale, e guai se non permeasse la nostra effimera esistenza:  sarebbe letteralmente la fine della specie.

Quindi, con tutto rispetto, Freud ha scoperto l'acqua calda, ma ha comunque il grande merito di averci stanati nei nostri assurdi tabù sull'argomento.  Senza peraltro ottenere una vittoria completa, visto che i tabù permangono.

Così, è probabile una componente erotica nel pubblicare sul web, cioè nel “farsi vedere” da sconosciuti.  Le piume un pavone le allarga per rimorchiare, mica per farsi fare una foto... Se poi da un post nascesse una relazione, lo decide il destino, mica noi...

Trovate la cosa particolarmente disdicevole ? Uno dovrebbe andare in clausura per evitare di creare occasioni di peccato ?

Una volta si andava in piazza, o in chiesa la domenica: era lì l'esposizione: come eri vestito, cosa dicevi, come ti muovevi, era sotto gli occhi di tutti.  La scuola è un importante momento di visibilità pubblica, dove -cioè- non scegli tu chi ti guarda.  Oggi resta solo il lavoro, ed è stupefacente il numero di relazioni (intendo dire sessuali) che si creano in quell'ambiente: Clinton è stato solo la punta dell'iceberg.


Credo che sia troppo poco.


Facciamo una vita che ci segrega,  per questo abbiamo bisogno di un po' di esposizione, dove questo è consentito.  Che ci resti solo il web e la discoteca è abbastanza triste... soprattutto per chi -come me- in discoteca non ci va.


Ma c'è un'altra riflessione, relativa al pudore.  Concetto che potremmo declinare in “riservatezza”, e “privacy”,  cioè:  lasciare che le cose intime restino nascoste

Ce l'hanno venduta come un diritto, ed anche importante, ma -secondo me- sono ben altri i diritti da difendere

E la pubblica esposizione su Web di pensieri e cose personali lo dimostrano in modo clamoroso. Ma aggiungerei (come mi ha fatto capire un post di Roberto Venturini) anche il telefonino. Come non notare che la gente non ha nessun problema a parlare al telefono in pubblico ?  Alla gente “normale” non crea gran problema che sconosciuti ascoltino quello che dicono al telefono.  Casomai dà fastidio a chi ascolta, perchè lo distrae.

Ma chi l'ha detto che la privacy va difesa ? Ve lo dico io: quelli che hanno cose da nascondere, e -per fortuna- sono pochi, ma -per sfortuna- potenti.