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sabato 15 novembre 2008

Buio

L'inizio sarebbe “La luce fu”. Uno capisce che prima c'era il buio. Cioè: se anche ci fosse stato qualcosa, non lo vedevi.. come dire: una gran confusione...

A tante persone, specie i bambini, il buio fa paura. Percepiscono come una minaccia, un'incognita, un rischio. Uno dei primi neologismi coniati da mia figlia, riguardava gli occhi del lupo nella favola di Cappuccetto Rosso. Per lei erano “buiosi”, cioè suscitavano le stesse emozioni che suscita il buio.

A me personalmente il buio piace. Se mi capita di alzarmi di notte, mi piace cercare di orientarmi al buio. So che una volta mi prenderò uno spigolo sul muso, ma è più forte di me, come se volessi prepararmi al buio che verrà.


Ma, evidentemente, è questione di gusti. Di sicuro “fare luce” è sinonimo di comprensione, conoscenza, così nel buio resta l'incognito, il mistero, ed è normale cercare di ripristinare in fretta l'illuminazione.

Quando viene la sera, gli uomini andavano a dormire, come tutti gli altri animali... salvo alcuni predatori, molto sicuri del fatto loro, che preferiscono il buio per sopraffare meglio le loro vittime. Bestie da cui è meglio stare lontani. Io penso che tanta vita notturna non ci sarebbe senza l'illuminazione elettrica. Se volessimo far chiudere le discoteche alle 2 di notte, basterebbe sospendere a quell'ora l'erogazione dell'energia elettrica: fine del surrogato del sole, fine della musica, fine della festa, tutti a nanna.

Penso che la luce artificiale sia uno dei segni del potere dell'uomo, e lo abbia reso un po' troppo arrogante.


Ma torniamo al buio, ed alle sue emozioni. Qualcosa spesso associato al silenzio: la privazione del suono. A me capita talvolta di dormire in una casa isolata, e devo dire che lì il sonno è 100 volte più ristoratore. Io credo che al rumore che ci circonda crediamo di esserci assuefatti, perché non lo notiamo più, ma invece ci disturba, e ci fa più cattivi. Ricordo i primi giorni passati in una casa situata adiacente una strada di grande traffico. La prima notte, il rumore disturbava, la seconda notte ho dormito, il sabato, alle 2 di notte mi sono svegliato di soprassalto: “Come mai questo silenzio ?”: ah, era sabato, non passavano i TIR....


Abbiamo bisogno di un po' di buio, e di silenzio.


Così il “fiat lux” ci lascia un po' di rimpianto di quello che c'era prima. Ma la cosa che mi turba di più di quell'incipit, e che se prima mancava la luce, ed ogni cosa era come se non ci fosse, però il tempo, quello c'era. Le scritture ci parlano dell'inizio della luce, non dell'inizio del tempo. Anche quando i cosmologi ci parlano del “big bang”, viene subito da chiedersi “e prima ?”. Stentiamo a immaginare un muro nel tempo, e ci piace immaginarlo infinito nelle due direzioni.


Ma è veramente così ? Esiste un “buio” del tempo ?


Trovo affascinante quel brano dei vangeli apocrifi, dove si descrive la sospensione del tempo che sarebbe accaduta alla nascita di Gesù: tutto restava immobile, perché una cosa straordinaria stava accadendo. In quel momento i movimenti erano impediti (le leggi di Newton valevano perfettamente: niente tempo, niente moto), ma gli angeli glorificavano, e quello che doveva manifestarsi lo faceva senza problemi.

Come nei sogni, che non puoi muoverti, ma il pensiero continua, non senza una sensazione di terrore.

Credo che sia proprio il pensiero che può andare oltre il buio del tempo, che però c'è, eccome, e -per quel che mi riguarda- credo non si farà attendere troppi anni ancora.

Un abbraccio a tutti


martedì 11 novembre 2008

Echi

Non capita spesso di notarlo, perchè viviamo in ambienti rumorosi, però l'eco della nostra voce arriva sempre, e non solo nelle autorimesse sotterranee deserte.

L'eco è come lo specchio per l'occhio. La voce che senti è la tua, l'immagine che vedi è la tua.

L'eco arriva un po' in ritardo, ma lo stesso sarebbe anche per l'immagine riflessa, solo che la luce è molto più veloce, e non si nota. Quando abbiamo sentito in diretta gli astronauti che giravano attorno alla luna (chi ha la mia età), ci dicevano che li sentivamo in ritardo, per via del tempo di andata e ritorno delle onde radio.

Così quello che senti con l'eco, è il suono che c'è stato, e quello che vedi allo specchio è quello che era.


Ma se la riflessione del suono, o dell'immagine, determinano una sfasatura del tempo (il ritardo), rispetto al momento in cui l'evento si è determinato, cosa si può dire della riflessione del tempo ? Che effetti ha ?


Ma, prima di tutto, c'è qualcosa di simile allo specchio,  per il tempo ?


Sarebbe una cosa che ti riporta ad un tempo diverso dall'attuale. Il tempo sarebbe il tuo, ma più precisamente una sua copia, più o meno nitida.

Non è la macchina del tempo, perché quella è stata immaginata per far vivere in un tempo diverso, mentre uno specchio dà solo un'immagine: se vedi uno che fa le smorfie, sei tu che le stai facendo, ed adesso (o meglio, poco fa).   Se senti “Uilalala iu”, sei tu che lo hai appena fatto, non è la roccia della montagna lì davanti.  Non puoi entrare nello specchio per baciare la donna che vedi riflessa, devi rivolgerti a quella vera.

Così lo specchio del tempo altro non è che una rievocazione, dentro la quale non c'è alcuna possibilità di azione.   Come lo specchio ti da la sensazione di presenza di qualcosa che si trova altrove, lo specchio del tempo ti da la sensazione dello scorrere del tempo, ma in modo simulato.

Un romanzo, un film, se ben preparati, producono questo effetto; se sono un romanzo storico, o un documentario, la verosimiglianza aumenta; un'intervista, una telecronaca, ancora di più;  la moviola è il massimo.

Di questi “specchi” si fa un uso massiccio, e non sempre ci viene detto che sono specchi. Come nei labirinti del luna park, restiamo disorientati, e fatichiamo a trovare l'uscita.

Anche se l'immagine non è la nostra, ci immedesimiamo. Qualche giorno fa Paola,  mia figlia, aveva visto a lungo un film e mi ha detto: “Sai papy, che io ci posso entrare nel film ?”. Intendeva dire che si era accorta di partecipare talmente intensamente, che le pareva di essere “dentro”.  La comunicazione pubblicitaria usa questa capacità di immedesimazione, uno specchio deformante, che ti fa credere di essere dove non sei, e desiderare quello che vogliono venderti.


Ma torniamo agli specchi classici: c'è un effetto particolare, che riguarda la simmetria. Allo specchio, quello che era a destra, lo vedi a sinistra, e viceversa. Detto così però è abbastanza impreciso, perché se vi mettete distesi, allora quello che è sopra, diventa sotto. Cioè, le cose si invertono rispetto ai due occhi che guardano.

Cioè, oltre alla riflessione, abbiamo anche una inversione, rispetto al piano di simmetria dei nostri occhi.  Inversione molto particolare, perchè -ad esempio- è diversa da quella del cannochiale, che capovolge, oltre ad invertire destra e sinistra.


E con l'eco ?

La sensazione di destra e sinistra con l'udito è meno dettagliata, ma pure c'è, ed ormai se non è stereofonica, la musica la sentiamo piatta. Il suono riflesso dall'eco com'è ? Si inverte ?

Se qualcuno lo sa, mi fa un piacere se me lo dice...


Ma torniamo al tempo: esistono “difetti” di “riproduzione” di tipo sistematico ? Intendo dire, qualcosa di simile all'inversione simmetrica ?

Errori di percezione subdoli, dei quali ti accorgi solo con l'osservazione attenta, e inevitabili, perché strettamente legati alla tecnica di riproduzione.


Io credo di sì, ed ho qualche idea, ma se avete delle altre idee voi, fatemele sapere.


Ed è il fatto che non sei tu “dentro” al tempo, ma ne sei osservatore.   Se ci pensate, per l'inversione simmetrica non occorre lo specchio.  Se al dentista spieghi che ti fa male il dente “a destra”, lui sa che lo vedrà alla sua sinistra.   E' esemplare la storiella di quella studentessa all'esame di anatomia, che rispondendo alla domanda sulla posizione dell'appendice, disse che era a sinistra.   Accortasi dell'espressione di disappunto del professore, che avrebbe preferito promuoverla, si affrettò a precisare: “a sinistra, entrando”.


L'inversione simmetrica è legata allo scambio di ruolo tra osservato ed osservatore:  l'io, quando diventa visto, si inverte, anche se sono ancora io ad osservarmi.


Cosa cambia, tra essere nel tempo, e osservarlo ?

Innanzitutto la possibilità di azione


Alle volte racconto delle storie a Paola;  nei momenti più drammatici lei interviene e dice “E allora vengo io che la salvo”, o qualcosa di simile.

Alle volte lo specchio è talmente verosimile che verrebbe la voglia di attraversarlo.. purtroppo non si può... è solo uno specchio...


O, per essere più precisi, non è che la tua possibilità di azione, scompaia, è solo confinata localmente, e se raggiunge la rappresentazione riflessa, è solo perché -prima- ha agito sull'unica versione “vera”, quella qui e ora.


Forse ricordate quei documentari, sulla manipolazione di materiali fortemente radioattivi: l'operatore muove delle pinze, ed il movimento viene riprodotto aldilà di un pesante vetro al piombo, per manipolare dei sinistri bussolotti. Oggi al tempo di second life, ci sono guanti ed altre attrezzature per controllare il movimento dell'avatar.


Ma è possibile, agendo nel qui e ora, produrre un effetto (anche ritardato, anche invertito) sull'immagine riflessa del tempo ?


Verrebbe da dire definitivamente no.


Però sono in vena di provocazioni, e vi ricordo che l'immagine riflessa non è necessariamente la rappresentazione dell'originale: ci sono inversioni, distorsioni, ritardi. Se penso a come viene “letto” un fatto storico, a come questa lettura cambia nel tempo, non credo si stia sempre falsificando i fatti. Credo solo che si mette molto che riguarda esclusivamente l'osservatore, cioè il qui ed ora, ma soprattutto, che è impossibile non metterci nulla dell'osservatore....


Cos'è la riflessione dello specchio, senza il suo uomo che la sta guardando ? Così, tutta la produzione di storie (televisive, scritte, radiofoniche) esistono perchè c'è qualcuno che fa da spettatore.

Quest'uomo non lo sa, ma è proprio lui che determina l'esistenza di tutto quel circo attorno a lui. Non sa che probabilmente ha un potere decisivo... tutto sta riconoscere e rivelare le deformazioni, stanare il falso... also... also.

venerdì 7 novembre 2008

Perdere

Che bello vedere Obama e Mc Cain riconoscersi l'onore delle armi: “Sei stato il mio avversario, adesso sei il mio presidente”


Fair play


Non è un caso se è così difficile tradurre questo termine. Noi siamo quelli che spargevano il sale sulle rovine di Cartagine, ed il nemico catturato fuggitivo lo abbiamo impiccato a testa in giù.


Vincere e perdere sono per noi sempre pieni di rancore, e mi sono chiesto come mai nella cultura americana sembra essere così diverso.

Vien da dire che Mc Cain, con l'esperienza del Vietnam alle spalle, sa che la sconfitta è meglio riconoscerla rapidamente, ma è un ragionamento troppo semplicistico.


Perdere è qualcosa difficilmente slegabile dall' “adesso”. Intendo dire, che se sono certo che perderò, in pratica ho perso già adesso. Se avevo perso una cosa, e poi l'ho ritrovata, è inesatto dire che l'ho persa. Perdere si riferisce ad ora; la sofferenza e la rabbia della perdita sono “adesso”.


Tutto cambia se vediamo le cose in un arco di tempo più lungo. “bisogna saper perdere” diceva una canzone di Caterina Caselli, e poi completava “non sempre si può vincere”: cioè “hai vinto che basta, ora accetta anche un po' di sconfitta”.


Il fairplay che viene insegnato ai ragazzi sportivi significa “in questa partita puoi vincere o perdere, ma il bello è giocare, il campionato è lungo e ci sono molte possibilità”. Le regole del gioco sono poi un ingrediente essenziale: devono garantire la possibilità di avvicendamento tra sconfitto e vincitore. Nessun vincitore, sapendo che prima o poi perderà, ha interesse a sovrastare l'avversario.


Mi vengono in mente quegli animali che lottano, e chi soccombe si getta a terra mostrando la vena giugulare come per dire: “Ormai sei in condizione di uccidermi, pensaci bene se ti conviene”.  La diluizione nella dimensione tempo serve a smorzare l'eccitazione del momento.


Poi, nel caso della lotta per la presidenza USA, la chiave del fair play è stato, secondo me, lo spostamento di “campo”: dalla partita tra loro due, sono passati alla partita tra gli USA ed il resto del mondo: “Da noi nulla è impossibile”, come per dire: “Voglio vedere chi è capace di fare come noi, siamo i migliori”... in quella sfida, se vincono, vincono tutti gli americani.


E chi ci perde ? Beh, che la Casa bianca, sia un po' meno bianca, io credo non ci perda nessuno, e spero che nessuna multinazionale di detersivi venga a proporci il candeggio.