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giovedì 19 marzo 2009

Antenne

Ce n'è dappertutto: quelle della TV, prossime al pensionamento, svettano ancora sui tetti; quelle dei telefonini ormai mimetizzate; quelle nelle automobili, invisibili, in attesa dei telecomandi. Alcune stanno in ascolto di impercettibili segnali, altre li irradiano.  Stanno su grossi tralicci, come le antenne delle radio, o delle telecom,  o in posti impensabili, come nei satelliti artificiali sopra di noi.

Il segnale che loro raccolgono, noi lo percepiamo decodificato, ripulito, amplificato, convertito in funzioni... come dire:  ci interessa l'essenza... della vinaccia e degli alambicchi non ci curiamo.


Quando facciamo una telefonata al cellulare, nessuno pensa a quanto sia complesso distinguere, tra tutti i segnali che circolano, proprio quello che modula esattamente come la voce del nostro interlocutore, e ci permette di comprendere -a distanza- quello che lui sta dicendo.

Ma all'aumentare delle antenne, aumentano i segnali da separare... e mi chiedo se ci potrà essere un momento in cui la babele di segnali sarà tale, che sarà difficile discriminare i segnali tra di loro... come in quelle riunioni in cui tutti parlano, e non riesci più a seguire il discorso di nessuno.


A quel punto sarà inutile trasmettere, perché sarà impossibile distinguere tra le innumerevoli fonti di segnali simili: ...saturazione... Chissà quanto siamo lontani dal punto di saturazione...

...saturazione...

Quando si raggiunge il punto di saturazione (parlo, ad esempio, del sale da cucina sciolto nell'acqua), succede un fenomeno straordinario, perché va contro il principio che vuole che l'entropia aumenti sempre: la formazione del cristallo. Come dire: quando il casino ha raggiunto punti insopportabili, ecco il miracolo: le particelle si mettono in ordine, da sole... in un ordine perfetto e inatteso.  E quest'ordine sembra essere “contagioso”, e si propaga... ed il cristallo cresce, cresce, secondo direzioni predefinite con una forma strabiliante.

Io dico che le particelle avrebbero saputo mettersi in ordine anche prima, ma c'era troppa libertà, troppo spazio da occupare: come resistere alla tentazione di occuparlo tutto ? Mettetevi nei panni della particella di sodio dell'acqua minerale (di cui non ricordo il nome, dimostrando che -.almeno per me- tutta quella pubblicità è stata assolutamente inutile). Dicevo: mettetevi nei panni di una particella, provate ad avere molto spazio, un sacco di spazio tutto attorno: è chiaro che vi mettereste a gironzolare,  per studiarlo un po'... ma quando la situazione diventasse un po' troppo caotica... la tentazione di fermarsi a guardare cosa succede, verrebbe anche a voi... e di sicuro, qualcun altro seguirebbe il vostro esempio, e vi si siederebbe in parte.

Insomma, la cristallizzazione è assolutamente normale, e questo non era necessario che lo dicessi.

Direi che è anche improvvisa, almeno nel suo esordio, con una crescita successiva molto tranquilla.


Ma, tornando alle nostre antenne, cosa succederà quando avremo saturato lo spazio circostante, con tutte le possibili radiazioni elettromagnetiche ? In cosa consiste la saturazione, e la cristallizzazione che improvvisamente -io suppongo- si svilupperà subito dopo ?


Una cosa che si nota subito, è che nel cristallo non c'è movimento (salvo qualche vibrazione)

Ora, se non c'è movimento, non c'è neanche il tempo, nel senso che non c'è modo di misurarlo.


Il diamante è per sempre”: l'idea di immutabilità è proprio connaturata al cristallo.


La fine del tempo ?


Che sia questa la cristallizzazione cui andiamo incontro ?

Ecco l'ennesima ipotesi apocalittica” direte voi, ma prima di rigettarla d'istinto, provate a seguirmi, ed a studiarla più da vicino.


Questo è lo scenario: i produttori di dispositivi muniti di antenna sfornano i loro prodotti, ma capiterà che sempre più spesso si troveranno ad operare in zone sature e non funzioneranno. I produttori allora miglioreranno le tecnologie usate, ma il beneficio sarà di breve durata, e riguarderà solo quelli che si possono permettere il costo delle tecnologie più moderne. Per la maggior parte delle persone, tante attività normali, si potranno fare con difficoltà, solo in certe ore, o in certi posti. La loro capacità di produrre calerà, e verranno emarginati. Una crisi, non legata a titoli tossici, ma ad una indigestione di radiazioni... costipazione elettromagnetica.

Chiamiamola come vogliamo, comunque una crisi.  Siccome non sarà la prima, molte persone cercheranno una soluzione alla loro esistenza in stato di ristrettezza economica.  Potrebbero esserci ribellione, oppure adattamento.  Forse i primi che individuano una condizione di adattamento ragionevole, potrebbero essere il germe perché altri seguano l'esempio, e ne imitino lo stile di vita.  Essendo sviluppato in condizioni di povertà, dovrebbe essere uno stile poco dissipativo... insomma, ordinato ed efficiente... come dire, cristallino...

Forse disobbedirà alle leggi dell'economia

Il tempo “occidentale”, segnato dalla fretta del fare, lascerebbe il posto a vibrazioni diverse, più lente e interne: non ci sarebbe posto alla frenesia; impensabile spostarsi come oggi....

Fosse vero...ci abitueremmo ? Vivremo come in un secondo paradiso terrestre, o sarà piuttosto il riscaldamento globale a riportarci tutti “in soluzione” (o, meglio, in “dissoluzione” ) ?

domenica 15 marzo 2009

Sottomissione

Ecce ancilla domini. Un atto di sottomissione ? ...Sottomettersi … è come dire: mettersi sotto.. chi guarda non vede te, ma quello che ti sta sopra... è lui che comanda.  Domina, o, più semplicemente, guida ?

Nell'atto di “mettersi sotto”, l'attore è chi sceglie di farsi sottomesso. Perché dovrebbe farlo ?


Capita, in certe gite in montagna, con comitive numerose, che si faccia un po' fatica a prendere le decisioni: “andiamo sul ghiacciaio, o ci fermiamo al rifugio” ?

Se c'è un leader, decide lui. Se è bravo, lascia che sembri che siate voi a decidere.

Se è bravo, ti sta bene che sia lui a decidere.

Se non è bravo, la comitiva si disfa, e la gita non si ripete, finché non si trova un altro più bravo.


Ciao, sembra voglia dire “sciavo vostro”: semrava un saluto, invece è ancora un atto di sottomissione...


Chi si mette al servizio di qualcun altro, in genere si aspetta qualcosa in cambio. Mangiare, essere protetto, nei tempi antichi. Oggi si monetizza tutto, ma in fondo è la la stessa cosa: il denaro, di per sé, non è particolarmente utile, ma viene scambiato facilmente con altre cose.


Essere sottomessi -credo- vada riscoperto, come vada approfondita la dialettica tra chi guida e chi è guidato, e vadano anche ridefinite le regole di avvicendamento di chi sta alla guida, ed i diritti di chi è guidato, ed i doveri di chi guida.


Con una serie di regole ragionevoli, la sottomissione non pesa. A voi pesa essere sottomessi alle leggi della fisica ? Me ne faccio una ragione, e smetto di fare i 150 sul bagnato...


Ma lasciatemi sconfinare su un'altra categoria di leggi naturali, legate alla procreazione, per cui siamo distinti in maschio e femmina.


La festa della donna è passata, così non rischio di fare il guastafeste. Ma mi chiedevo in che misura la parità tra uomo e donna, sia segno di civiltà, o retaggio ideologico.


Parlo di una ideologia “della liberazione dall'oppressione”, ineccepibile e razionale, ma evidentemente fallace (visti i risultati), della quale ancora stento a capire la possibile evoluzione.

Aspettate un attimo a spararmi addosso... voglio dire che si è cercato il rimedio alla disparità, con la parità, ma oggi dovremmo apprezzare il valore della diversità...


Forse si è cercato di risolvere il problema dello sfruttamento, con una soluzione semplice e applicabile universalmente: "siamo tutti uguali"... una specie di principio di conservazione della quantità di moto, ma tutto da dimostrare.


Come dire: “siamo tutti ricchi”, oppure: “siamo tutti belli”


... non è mica così...


E neanche possibile. Magari non sarebbe poi neanche così divertente

Non dico che uno brutto debba essere perseguitato, ma neanche farci più di tanto caso, o pretendere di essere considerato bello...

Ma più che dire qualcosa dei questa diversità, vorrei tornare alla sottomissione, che sento essere un terreno insidiosissimo. Ma solo per chiedermi se questa sia necessariamente un male da debellare, o solo un tabù.

lunedì 9 marzo 2009

Dove sei ?

Tempo fa viveva con noi un cane; quando andavamo a spasso in campagna, o in un bosco, non stava mai in parte a me: un po' mi precedeva, poi perlustrava a destra, a sinistra, anche dietro, senza mai perdermi di vista.
Io ogni tanto la cercavo con lo sguardo, come per dire “dove sei ?”, ed incontravo il suo sguardo, come per dire: “sono qui”.

Nella Genesi si racconta che il Creatore chiese “Dove sei ?” ad Adamo, che si era nascosto. Sapeva che c'era, altrimenti la domanda non avrebbe avuto senso: una domanda ha senso farla, se c'è qualcuno che ti ascolta.

Come dire: “So che ci sei, ma non ti vedo”

Invisibile

Chi chiede: “Dove sei” non vuole che chi lo ascolta resti invisibile. Tu che mi stai leggendo, per esempio, mi sei invisibile.

Dove sei ?

Sembra una domanda riferita alla posizione nello spazio, ma sottointende “ora”.
Mi vien da dire che si riferisce soprattutto al tempo...

Che senso ha dare coordinate spaziali, senza quella temporale ? Alla distanza nello spazio c'è rimedio (basta spostarsi), ma a quella del tempo, no (quando il treno l'hai perso, l'hai perso).
"Dove sei.. adesso... ? Ogni momento è irripetibile, perché resti invisibile ?

Adamo era rimasto invisibile per vergogna. Noi spesso restiamo invisibili, un po' guardoni, e un po' ignorati... non essere visti, per molti, è quasi un'abitudine.

Se uno si fa vedere troppo, lo additiamo, a meno che lo faccia per professione (show men) o per vocazione politica (little show men).

Tutti gli altri, nell'ombra... nell'incognito...

Dove siamo ?

Se non fosse che ci resta questo gran bisogno di incontrarci, potrei dire che va bene così, perchè nessuno se ne lamenta gran che (io per primo).

Ma secondo voi, va bene così ?.....

“Dove sei ?” non lo diciamo, ma ci andiamo in cerca. A tentoni, perché non ci vediamo. Urtandoci, perché ci sentiamo anche poco.