Si parla di

tempo (45) potere (38) soldi (20) parole (19) scritture (16) verità (15) giornalismo (14) comix (9) libertà (9) valori (9) numeri (8) relativismo (8) acqua (7) emozioni (6) evoluzione (6) decrescita (5) errori (5) fisica (5) morte (5) dolore (4) lavoro (4) diritto (3) sogni (2)

mercoledì 11 novembre 2009

Birilli

Avete presente la sentenza che ha scatenato la “questione crocifissi” ? Il giorno prima, salendo in macchina, in un parcheggio, ho notato per terra un piccolo crocefisso di plastica.

Forse non ci crederete, ma è successo veramente: le coincidenze capitano più spesso di quanto non sembri.

Adesso è nel portaoggetti in macchina, assieme alla lettera “A” d'ottone, raccolta da mia figlia piccola, Paola, durante una passeggiata; credo saltata via da un cippo “Proprietà privata”, che evidentemente ora fa: “Proprietà privat”, coerentemente privata di una lettera inessenziale.

Alfa e omega.

Sì, il crocifisso l'ho raccolto d'istinto: non si può lasciar calpestare un'immagine sacra.

Quando eravamo piccoli, l'olivo benedetto dell'anno prima, pieno di “scarpie” (ragnatele), non poteva essere gettato nella spazzatura, ed era l'occasione di un allegro fuocherello, in un vaso da fiori vuoto.
Neanche l'acqua benedetta, che nostra madre si faceva procurare da amici che andavano a Lourdes, poteva essere gettata.

Piccoli tabù, che mi sembravano ovvi ed importanti; tanto da agire anche oggi, e farmi raccogliere da terra quel piccolo crocefisso.

Chissà, forse l'avreste fatto anche voi...me lo dite ?

Quanti ricordi mi sono affiorati.

A scuola, il crocifisso era oggetto di innumerevoli giochi. Veniva nascosto, e sostituito con la scritta “Torno subito”, o fatto bersaglio del lancio della pallottola di carta. Una volta, in questi trattamenti, gli si ruppe un braccio, che però restava penzolante, attaccato al chiodo: qualcuno ci legò un sottile filo da pesca, e da distante, mentre il professore spiegava, faceva muovere il braccino, e tutti giù a ridere.

Blasfemi, un po', è vero, ma mica criminali.

Cosa rappresentava per noi, quel crocefisso ?
L'origine della nostra civiltà ?

Ma neanche lontanamente, davvero.
Era casomai emblema di sofferenza, che avremmo dovuto imitare.
Non era civiltà, ma medioevo. “Ricordati che devi morire”, castigo, punizione.

Era un oggetto, messo lì dal potere, a dirci di stare sottomessi: questo era per noi, e per questo lo sbeffeggiavamo (tutti, anche se a qualcono di noi, come a me, si torcevano un po' le budelle).

Non era amore.
Ma chi di noi aveva sperimentato, chi poteva dire di conoscerlo, l'amore ?
L'amore che conoscevamo, era solo quello dei nostri genitori, e proprio da quello cercavamo di divincolarci...

Sarebbe stato necessario uno sforzo di astrazione, di cui non eravamo capaci, per immaginare la croce come un atto d'amore.

Sinceramente, faccio fatica ancora adesso...

Accettare una condanna ingiusta...
Una condanna capitale, un tormento, un supplizio...
Non so chi di voi può condividere un sentimento di accettazione.

Mettere questo simbolo in un'aula frequentata da ragazzi, è come scrivere E=mc2 nella sala d'aspetto del dentista: giusto, ma totalmente incomprensibile e fuori luogo.

Ma perchè tanto accanimento, per quella sentenza ?
Era solo per dire “non avete il diritto di obbligare”
Che c'era di male in quella sentenza ?
Non condannava l'esibizione del crocefisso, ma l'obbligo di esibirlo...
Perché le gerarchie l'hanno vissuto come una minaccia ?

Confesso che non l'ho capito

Ma mi pare che questo sia sintomo di debolezza.
Se si attaccano a queste cose, vuol dire che non hanno nulla di valido...

Proviamo a soffiare
tutti assieme
mi sa che cadono come birilli

martedì 3 novembre 2009

Dolore

Avete presente quelle scene, alla fine del film: lui e lei che si incontrano dopo mille peripezie, felici, si strofinano per bene, e lei piange.

Magari è un problema solo mio, ditemelo, o magari ho scoperto l'acqua calda, ma l'amore provoca sofferenza.
Parlo nel complesso: ci sono momemti di esaltazione, di gioia, ma non manca mai la commozione, che in fondo è sofferenza. Per non parlare di quando l'esaltazione finisce, e restano il distacco, la nostalgia, il rincrescimento, la solitudine.

A me sembra paradossale, e mi sono chiesto come mai, questa strana cosa: il massimo del bene e del buono, l'amore, causa della massima cattiveria, il dolore.
Amore – dolore: un gioco di parole ? ...uno scherzo (si direbbe: “da preti”) della natura, o due faccie della stessa medaglia ?

Mi vien da dire che stavolta i preti non c'entrano, perchè è uno scherzo del tempo...

Provo a spiegarmi

Pensate cosa sarebbe l'amore.. senza il tempo. Quello che si promettono gli innamorati. Amore eterno... Ma non eterno perchè dura sempre, eterno perche fuori della dimensione temporale.
Sarebbe una fiamma senza combustione, uno “stato” invece di una transizione.

Bello è ?

Ed allora eccolo lì, è lui la causa del dolore: il tempo. Il distacco c'è perché c'è l'evoluzione; la nostalgia c'è perchè il tempo ci ha portati altrove, il rincrescimento c'è perché il tasto rewind non funziona (e nessuno che lo ripari...).

L'abbandono c'è perché gettiamo via il nostro tempo.
Tempo tiranno, si dice, ed anche un po' bastardo, aggiungo io, perchè non tollera di essere trascurato.