Credo che capiti a chi non è più giovane, come me. Di avere presente il passato come fosse ora.
Così capita di parlare, con il pensiero, a chi non c'è più, e da un pezzo.
Ieri per radio rievocavano Rinbaud, quando diceva: “io è un'altro”. Non so bene cosa intendesse, ma mi sento assolutamente d'accordo con lui. Quando parlo con chi non c'è più, non sono quello che disbriga le cose quotidiane, che si afferma (o almeno ci prova), che prende le decisoni (o almeno crede).
Lui, quello lì, sono io, Roberto (mi conoscete con quel nome).
Ma c'è una grossa differenza con quello che -per un attimo- è fuori del tempo, e si emoziona guardando una vecchia foto, e parla alle persone fissate sulla carta dal nitrato d'argento.
Quale differenza ? (...ora sono obbligato a rispondere ...) direi la posizione rispetto al mio solito amico, il tempo...
Il primo, io, il Roberto piantato sull'adesso, quando parla con i suoi avi, se non pazzo, è almeno un romantico stravagante. Perchè ? Beh, perchè quelli non esistono... La sua è una perdita di tempo. Un trastullarsi da perdigiorno. Pregar Dio che non ci mettiamo tutti a seguire il suo esempio.
Ma se il tempo lo sposti, da unico luogo dell'essere, ad una dimensione, e neppure la più importante, allora spuntano i significati che resistono al tempo (incorrutibili?).
Che poi sono gli stessi che spuntano quando sognamo (incomprensibili?).
Intendo dire, che quello che si dice in un sogno, o ad una foto, non è dettato dall'urgenza, o dalla necessità, o dalla convenienza. In quelle situazioni non si mente.
Mi sembra di essere arrivato a dire una cosa ovvia: sappiamo bene che i valori attuali (successo, benessere, evasione) sono ben diversi da quelli tradizionali (rispetto, solidarietà, accoglienza), e che oggi i valori tradizionali risultano spesso incomprensibili. E che i valori tradizionali mantengono la loro validità, non perchè trovano delle giustificazioni, ma perchè inataccabili essendo fuori del tempo.
A me sembra che non abbiamo vocaboli adatti a distinguere bene le cose, e da qui credo derivi buona parte della confusione. Fatto sta, che star piantati sul breve, e dimenticare il passato sembra essere di moda, ed è estremamente difficile convincerci che -viceversa- il passato attiene all'adesso non meno della radice al frutto.
Questa consapevolezza credo rivaluterebbe (nel senso che darebbe maggior valore) le azioni di oggi, non per l'effetto sull'immediato, ma per la loro azione nei tempi successivi. Qualcosa di simile alla preoccupazione degli antichi, di costruire monumenti di granito, affinchè resistessero al tempo che passa.
Che sia esaurito il granito ? Nessuno sembra pensarci molto al futuro... preferiamo una politica dissipativa: smantelliamo Chioto, e rifiutiamo di emozionarci per cose che si collocano in tempi diversi dall'attuale. O almeno così pensa chi ci governa. Che poi li abbiamo delegati noi, quindi così pensiamo noi. Quello che penso io, nel gran macinino della democrazia, scompare.
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