giovedì 15 novembre 2012
Cocci aguzzi
Chissà quante volte vi sarà successo: all'improvviso, quella strofa, faticosamente imparata a memoria da adolescente, ritorna in mente,
o semplicemente in bocca.
A me è successo qualche giorno fa, mentre giocavo con Paola.
"cocci aguzzi di bottiglia" ho ripetuto, tra me e me
"Cos'hai detto, Papi ?"
E siccome non me la ricordavo tutta, siamo andati in internet, e - dopo più di 40 anni - ho riletto con lei quella bella poesia tratta da "Ossi di Seppia".
E siccome non si capisce gran che di quello che dice, ho dovuto cercare delle spiegazioni.
L'immagine prepotente, non è la solitudine del meriggio, ma quei vetri taglienti, posti in cima al muro.
Piazzati lì, apparentemente a difesa. In realtà, a testimonianza della diffidenza di uomini verso altri uomini, che a loro volta si atteggiano minacciosi.
Versi che parlano, infine, della cattiveria.
Quel muro da non valicare, ed il travaglio dell'uomo, sembrano avere delle similitudini.
Come a dire che l'uomo soffre per sua scelta.
Che i limiti alla sua libertà, se li è costruiti da sé.
Muri a Berlino, muri in Palestina, muri a Belfast, muri tra ricchi e poveri, muri tra privilegiati e sfortunati, tra immigrati e residenti, muri...
Chi li ha costruiti, li voleva invalicabili.
Costruiva qualcosa contrario alla natura (che sembra non poter far nulla per evitarlo), e profondamente ingiusto.
Tutto questo, è successo qualche giorno fa.
Queste righe, le ho scritte qualche giorno fa.
Oggi, a Gaza si ammazzano veramente.
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